Dal 18 al 28 marzo 2018 il Consorzio Piave ha verificato gli impatti di applicazione del Deflusso Ecologico nel fiume Piave. Un’operazione gestita in accordo con Regione e istituzioni per monitorare gli effetti della riduzione d’acqua prevista. I dati saranno condivisi e utilizzati per costruire un percorso che accompagni dallo stato di emergenza ad un nuovo equilibrio idraulico, tra tutela ambientale e servizi collegati all’utilizzo delle acque.
Il deflusso ecologico, la sperimentazione Piave-Sile
La sospensione dei prelievi
La Sperimentazione DE Piave-Sile ha l’obiettivo di acquisire dati scientifici utili a raggiungere un nuovo equilibrio idraulico, che tenga conto, come sollecita la normativa UE Quadro Acque (DE 2000/60/CE), sia della salvaguardia del fiume che dei benefici collegati all’utilizzo delle acque. In accordo con la Regione Veneto e i gli enti gestori, per 10 giorni sono stati sospesi i prelievi delle derivazioni e la distribuzione d’acqua in tutto il territorio di competenza, al fine di simulare le condizioni proposte dal DE. L’azione è stata attuata in concomitanza con la tradizionale asciutta generale per la manutenzione dei canali, oltre che con i lavori previsti per la Superstrada Pedemontana Veneta.
Si sono svolte nello stesso periodo svariate misure di portata, qualità, aspetto dei corsi d’acqua interessati (Piave, Sile, Botteniga) al fine di valutare gli effetti ambientali delle derivazioni che dal Piave giungono al Sile.
Il valore indicativo del DE è stato stabilito dal Ministero dell’Ambiente in applicazione della normativa europea, non deriva da atti della Regione Veneto né tantomeno da pressioni di parte. Ora, la Regione sta coordinando l’iter di applicazione insieme ai soggetti gestori ed in particolare sta avviando il percorso di sperimentazione. Ci sono 3 anni, prima del 2022 quando è prevista l’applicazione, per sperimentare e mettere a regime la soluzione migliore.
Gli effetti sul territorio
La minore disponibilità di risorsa idrica influisce sul sistema idraulico collegato al fiume, costruito in 600 anni di storia, creando impatti significativi su paesaggio e ambiente, persone e economia di un territorio vasto.
Oltre a non garantire l’irrigazione, l’applicazione del DE mette a rischio l’alimentazione dei fiumi di risorgiva, impattando sull’attrattività turistica delle città d’acque – da Treviso a Castelfranco – e sulla diluizione degli scarichi fognari. Si ridurrebbero anche i volumi irrigui negli invasi montani, compromettendo la produzione idroelettrica e la fruibilità turistica dei laghi.
Tra il 20 e il 25 febbraio 2018, si è verificata una situazione in cui il nuovo DE avrebbe potuto provocare questo tipo di effetti.
Le azioni future
La prima risposta che propone il passaggio da emergenza a sistema è stata definita dal Consorzio Piave con la delibera n. 196 del dicembre 2017, con la quale si sono prospettati una serie di interventi diretti a ridurre i prelievi e garantire il fabbisogno idrico.
Insieme alla sperimentazione sono stati proposti investimenti per il recupero delle cave dismesse quali bacini di invaso e la riqualificazione degli impianti di irrigazione, 300 milioni di euro per la riconversione di 30.000 ha da scorrimento a pluvirriguo, oltre ai 30.000 già riconvertiti.
Regione Veneto, Provincia di Treviso e 60 Comuni hanno adottato la delibera, oltre a enti e istituzioni territoriali, tra cui l’Ente Parco Sile. Ma il percorso di informazione e condivisione territoriale deve ampliarsi e coinvolgere anche cittadini e imprese.