Il test rileva la relazione tra Piave e fiumi di pianura, ricettori finali delle derivazioni. I dati rilevati sono un contributo al percorso di applicazione del deflusso ecologico. Per l’irrigazione individuate le misure di riduzione, ora le prime ipotesi sul sistema delle acque superficiali.
Comunicato stampa, 27.03.2018
Si è conclusa lunedì sera la Sperimentazione sul deflusso ecologico e sono state riaperte le derivazioni dal Piave, che sono tornate ad alimentare i fiumi di Pianura.
Sono una decina i punti di misurazione in cui è stata verificata la portata del Piave e dei corsi d’acqua superficiali nel territorio di competenza del Consorzio Piave, con i droni è stata effettuata la ripresa dei filoni d’acqua del Piave, mentre l’Arpav ha prelevato campioni per le analisi microbiologiche che saranno effettuate nelle prossime settimane. Le misurazioni di portata effettuate lunedì 26, ultimo giorno di asciutta generale, sono state confrontate con quelle di 12 giorni prima, antecedenti la sospensione dei prelievi.
I risultati propongono dati chiari sulla relazione tra Piave e fiumi di pianura. Il Sile, a Canizzano, passa da 21 a 18 mc/s, all’uscita da Treviso da 31 a 21,5, a Cendon di Silea da 40.5 a 32. Il Botteniga, all'ingresso in Treviso, passa da 9,9 a 3 mc/s. Si è registrata una riduzione del 25% sul Sile e del 70% sul Botteniga. Le portate misurate sui fiumi di sola risorgiva come il Limbraga, lo Storga, il Melma, il Nerbon, si sono ridotte di circa il 5-10 % rispetto ad appena prima delle asciutte. Diversi fiumi di pianura vengono alimentati dalle derivazioni provenienti dal Piave e sono parte di un sistema idraulico complesso su cui, con l’introduzione del Deflusso Ecologico, che propone il mantenimento della portata nel Piave di 2/3 volte rispetto all’attuale DMV, è necessario ricercare un nuovo equilibrio.
Lo scopo della sperimentazione nel periodo invernale è quello in particolare di verificare gli impatti delle derivazioni sulle acque superficiali, che ne sono i ricettori finali, utilizzando un metodo analitico che permetta di ottenere dati oggettivi e di confrontarli con la situazione degli anni precedenti in vista dell’applicazione del DE. La verifica è stata programmata in concomitanza con la tradizionale asciutta, di solito fatta a febbraio, quando l’agricoltura non utilizza acqua e ci si dedica alla manutenzione degli impianti idraulici. Quest’anno il periodo è stato posticipato di 15 giorni per coordinarsi con la chiusura del Piavesella, primo affluente del Botteniga. I tempi di asciutta del Piavesella sono stati dettati dai lavori di intersezione con la Superstrada Pedemontana Veneta.
Gli effetti sui corsi d’acqua del territorio e in particolare delle città d’acqua come Treviso e Castelfranco, sono stati mitigati da una serie di condizioni naturali e da precauzioni attivate da enti gestori della risorsa idrica e dalle istituzioni per tutelare ambiente, cittadini e imprese. Precipitazioni e condizione della falda hanno scongiurato situazioni molto critiche come quella registrata lo scorso anno a Treviso in concomitanza con l’asciutta. Prima del periodo di asciutta, si sono verificati due eventi meteorici significativi, il primo attorno al 12 di marzo, con circa 50 mm sull'intera alta pianura, il secondo attorno al 15 marzo proprio in corrispondenza dell'avvio dell'asciutta, con cumulata inferiore ma significativa. La misurazione della falda, a Castagnole, ha fatto rilevare all’inizio di marzo 40 cm in più rispetto allo scorso anno. Dopo i due apporti piovosi è salita di altri 25 cm per un totale di 65 cm in più all'inizio delle asciutte rispetto allo stesso periodo del 2017. Le asciutte sono iniziate quando gli effetti delle precipitazioni non erano ancora esauriti ed i corsi d'acqua mostravano ancora deflussi superficiali. Tutto è avvenuto in una condizione di falda elevata estremamente favorevole, le cui variazioni sono complesse e lentissime, non confrontabili con il breve periodo di asciutta. Sono bastati 10 giorni di riduzione dei prelievi, secondo le ipotesi di applicazione del DE ad oggi, per far sentire i primi effetti: segnalazioni di criticità per la fauna ittica e acque ferme in città.
Questo il primo passo della Sperimentazione DE, che ha come obiettivo quello di trovare l’equilibrio utile a garantire la salute del fiume e l’efficacia dei servizi collegati all’utilizzo delle acque. Sulla base di questi due punti di riferimento è da costruire il percorso per arrivarci. L’applicazione progressiva e non “traumatica” del DE, le misure a sostegno della riduzione dei prelievi dal Piave, la valutazione dei parametri in base a caratteristiche sito-specifiche, il supporto con dati oggettivi da confrontare con le previsioni sul piano climatico e di riqualificazione del territorio saranno i termini del confronto con gli attori territoriali.
“Il Consorzio Piave ha già ipotizzato alcune misure per ridurre il fabbisogno a fini agricoli – ricorda il presidente Giuseppe Romano – da un lato la conversione degli impianti di irrigazione in pluvirrigui, dall’altro il recupero delle cave dismesse quali bacini di invaso. A poco valgono operazioni impositive di riduzione delle colture idroesigenti, il mercato le sta già riducendo. Ora, assieme alle istituzioni cercheremo di capire se per i fiumi di pianura è necessario attivare misure dedicate a garantirne una portata minima, se e quanto i parametri DE sono adeguati a garantire la salute di questi corsi d’acqua, assieme a quello del Piave e ad evitare gli impatti su ambiente, turismo, qualità della vita. Allo stesso modo, andranno valutati gli effetti sulle attività produttive non agricole, come sui bacini montani, verificando necessità e eventuali cambiamenti da apportare”.
Il test è frutto di un complesso percorso, iniziato con il recepimento della direttiva europea Quadro Acque da parte del Governo e di seguito della Regione Veneto. Con il DE, l’obiettivo dell’Europa è quello di definire una portata che garantisca la salute del fiume e al contempo i servizi collegati all’utilizzo dell’acqua. Per questo sono previste fasi di sperimentazione che aiutino i territori e i suoi attori a verificare gli impatti e quindi modalità di applicazione più efficaci, tanto da ridurre gli impatti negativi.
Per questo, il Consorzio Piave ha programmato e gestito la sperimentazione, portando all’attenzione di istituzioni pubbliche, cittadini e organizzazioni economiche il tema. Ha tradotto in italiano Deflusso Ecologico (il termine inglese ecological flow che arriva dall’Europa) ne ha rimarcato l’importanza e il valore per il territorio in cui opera, che fino a prima della sperimentazione non aveva la questione in agenda. In coordinamento con la Regione, l’Autorità di Bacino, Arpav e gli altri enti gestori, ha condotto la sperimentazione e ora sta elaborando i dati per condividerli con gli attori territoriali, come con le autorità competenti e gli altri territori rivieraschi.
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