Il 30 settembre, nell’ambito della Settimana Nazionale della bonifica e dell’irrigazione, si è svolto a Quinto di Treviso il convegno organizzato dal Consorzio di bonifica Piave con Anbi e Anbi Veneto.
Poco più di 300 le persone che hanno partecipato: amministratori dei Comuni, della Regione e dello Stato, rappresentanti del mondo produttivo e ambientalista, agricoltori e gestori idroelettrici, esperti di idraulica e i consorzi di bonifica.
Una scaletta fitta di relatori e di interventi: oltre al Presidente del Consorzio Piave, Amedeo Gerolimetto, ai vertici nazionali di ANBI, la Regione del Veneto è stata rappresentata ai massimi livelli dal presidente Luca Zaia e dagli assessori all’Agricoltura Federico Caner e l’assessore all’Ambiente Gianpaolo Bottacin. Presenti il presidente nazionale di Coldiretti Ettore Prandini, il Ministero delle Politiche Agricole rappresentato dal Direttore Generale dello Sviluppo Rurale Simona Angelini, i presidenti delle commissioni Agricoltura del Senato Gianpaolo Vallardi e Ambiente della Camera Alessia Rotta, il segretario dell’Autorità di Bacino del Distretto Alpi Orientali Marina Colaizzi, il segretario dell’ Autorità Distrettuale del fiume Po Meuccio Berselli e le altre Autorità di Bacino Distrettuale d’Italia , le organizzazioni agricole regionali Coldiretti, Confagricoltura e CIA del Veneto e Luigi Lazzaro presidente di Legambiente. Gli interventi tecnici a cura di Paolo Battagion del Consorzio di bonifica Piave, Stefano Savio di Enel Power Green, Guido Zolezzi dell’Università di Trento e Alessandro Leonardi di Etifor.
Un confronto ricco di interventi e proposte sullo scenario che sarà generato dalla prossima applicazione della direttiva Deflusso Ecologico secondo quanto previsto dalla Direttiva Quadro Acque (Direttiva Europea 2000/60/CE), il 1° gennaio 2022.
Di seguito gli interventi più salienti al partecipato convegno: “I dati parlano chiaro, rilasciare più acqua nei fiumi, nel rispetto delle nuove portate previste dal Deflusso Ecologico, significa privare d’acqua vasti territori, abbattere la produzione agricola, con danni notevoli a PIL e lavoro, compromettere ambienti generati dall’acqua e habitat naturali, distruggere paesaggi di straordinario pregio culturale e turistico con ripercussioni sulla ricarica di falda e dunque anche sulle risorgive e i fiumi da esse alimentati.” Ad affermarloè Francesco Cazzaro presidente di ANBI Veneto.
Uno scenario di crisi ambientale con gravi ricadute produttive e occupazionali per vasta parte della Regione, a partire dai territori solcati dalle reti idrauliche che prelevano acqua dai fiumi Piave e Brenta che risentirebbero drammaticamente della diminuzione di risorsa che dovrebbe essere lasciata nei fiumi.
Il presidente della Regione del Veneto Luca Zaia, determinato afferma che: “la Regione, a fianco dei consorzi di bonifica” è pronta anche a “procedere per vie legali” per tutelare ambiente e territorio, fermo restando che il tema del Deflusso Ecologico “va risolto a livello nazionale”.
Il 1° gennaio 2022, con l’entrata in vigore del Deflusso Ecologico secondo quanto previsto dalla Direttiva Quadro Acque (Direttiva Europea 2000/60/CE), per rilasciare un quantitativo d’acqua nei fiumi anche 3 volte superiore rispetto all’attuale, si diminuiranno sensibilmente i prelievi delle reti di canali che innervano vasti territori e che hanno generato nei secoli ambiente, attività produttive e un paesaggio di straordinario pregio culturale e turistico. “Mettiamo a rischio le nostre eccellenze agroalimentari”, afferma il presidente nazionale di ANBI Francesco Vincenzi.
I dati illustrati dal Consorzio di Bonifica Piave dimostrano che sull’area del proprio comprensorio, in pratica tutta la provincia di Treviso, se storicamente le stagioni critiche dal punto di vista di risorsa (dove per criticità significa una riduzione della disponibilità di risorsa maggiore del 20% rispetto alla media) sono 1 ogni 20 anni (l’ultima il 2003), con l’applicazione del Deflusso ecologico sarebbero 2 ogni 3 anni, con una situazione di grande criticità (una riduzione di oltre il 50% sulla media) 1 anno ogni 2.
“Deve essere convocato il tavolo Stato-Regioni, tutti sono coinvolti in questa battaglia non più rinviabile – ha spiegato il presidente del Consorzio Piave Amedeo Gerolimetto –
Se l’agricoltura si è sviluppata a livelli eccellenti lo si deve all’acqua derivata dal grande fiume, forza motrice della falda freatica, vera cassaforte per i fiumi di pianura e di risorgiva. Non vi è dubbio che una riduzione improvvisa delle derivazioni, per bilanciare il rilascio richiesto, avrebbe impatti devastanti in un territorio molto ampio. Le sperimentazioni fatte dal Consorzio e lo studio sull’impatto del danno sociale economico (539 milioni di euro) dimostrano che i costi della direttiva sul deflusso ecologico superano i benefici. Condizione che dovrebbe sostenere la richiesta di una deroga alla Commissione Europea”.
Il consorzio Piave, oggi, per irrigare 50 mila ettari di comprensorio, preleva al massimo 55 metri cubi al secondo di acqua a fini irrigui ma con benefici ecosistemici ben più ampi come l’alimentazione della falda. In caso di riduzione, ogni 1,1 metri cubi d’acqua in meno, significa privare d’acqua mille ettari di territorio. Danni anche nel caso di energie rinnovabili, soprattutto a monte dove, secondo le sperimentazioni di Enel Green Power, si riscontrerebbe “un deficit di energia rinnovabile di 930 milioni di kWh pari al consumo annuo delle famiglie delle province di Treviso e Belluno senza tuttavia miglioramenti in termini di qualità ambientale”.
Sottrarre all’ambiente quella stessa acqua che l’ha generato nei secoli comporterebbe inoltre impatti ambientali su risorgive, ricarica di falda, siepi e corridoi ecologici ai margini dei corsi d’acqua, fauna ittica. Nel comprensorio del Brenta, significherebbe la fine del patrimonio ambientale, paesaggistico, storico-culturale delle rogge realizzate dalla Serenissima 4-500 anni fa.
Una misura che nasce con buone e condivisibili intenzioni di tutela ambientale, ma che puntando tutte le attenzioni sui fiumi dimentica i territori.