La cassa di Salvarosa

Nel 2013 è stata ultimata la cassa di laminazione e fitodepurazione di Salvarosa, comune di Castelfranco Veneto, su un’area di 3 ettari e volume d’invaso di 50.000 mc. L’intervento rientra nell’ambito del Piano per il disinquinamento del bacino scolante nella Laguna di Venezia, come intervento strutturale in rete minore di bonifica, con la finalità di abilitare il sistema idraulico superficiale alla funzione di moderazione dei flussi di piena e di migliorare la qualità dell’acqua trasportata.

Zone umide e servizi ecosistemici

Le zone umide, naturali o artificiali, sono rappresentate da una vasta gamma di tipologia di habitat (ad es. laghi, stagni, paludi, acquitrini, fontanili, risorgive, torbiere), aree di piccole o grandi dimensioni che generalmente costituiscono ambienti di transizione con funzioni “tampone” tra  terra e mare (es. lagune), tra terra e fiumi (es. paludi perifluviali) o tra terra e ghiacciai (torbiere alpine) e sono caratterizzati da una ricca vegetazione acquatica e da un’alta produttività ecologica.
Le zone umide sono importanti perché forniscono un’elevata quantità di servizi ecosistemici, come la regolazione dei fenomeni idrogeologici, che attenuano e prevengono fenomeni di eutrofizzazione delle acque funzionando come “trappole per nutrienti”, sono estremamente importanti per la riproduzione dei pesci e di conseguenza per la pesca, hanno grande importanza anche per la fissazione del carbonio presente nella biosfera, con conseguente mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici, sono aree vocate per la fruizione e l’educazione ambientale (birdwatching e turismo naturalistico),  sono fenomenali serbatoi di biodiversità, essendo tra gli ambienti con la più elevata diversità biologica.
Il 2 febbraio è la Giornata Mondiale delle zone umide che celebra l’adozione delle Convenzione Internazionale per la tutela delle zone umide firmata in questo giorno del 1971 a Ramsar in Iran.

Foto del bacino con le varie essenze arboree ed erbacee

Foto aerea del bacino di fitodepurazione di Salvarosa

Il rischio idraulico

L’intervento è finalizzato alla riduzione del rischio idraulico in un’ampia area (650 ha) nel comune di Castelfranco Veneto, tra il centro cittadino e la frazione di Salvatronda. L’intera porzione nord – orientale del territorio comunale è tributaria del tratto iniziale del fiume Zero, attraverso tre scarichi principali: da ovest verso est, lo Scarico di via della Grotta, lo Scarico di via Lovara e lo Scarico di Salvatronda. Gli scoli drenano separatamente l’area posta a monte della linea ferroviaria Treviso – Vicenza; i primi due canali si riuniscono a valle del cavalcavia di via Lovara, in corrispondenza di un lungo tratto tombinato di attraversamento della strada stessa; il terzo scolo confluisce circa 2 km più a est.
Gli scarichi citati drenano un’area già mediamente urbanizzata e interessata nel futuro prossimo da un ulteriore sviluppo a carattere artigianale – industriale. La rete idraulica risulta già oggi insufficiente per eventi con tempo di ritorno dell’ordine di 2-5 anni e deve pertanto essere adeguata al prevedibile aumento delle portate provocato dalla maggiore impermeabilizzazione del terreno.
Le opere consentiranno da un lato di adeguare la capacità di portata del canale nel tratto tra i due attraversamenti ferroviari, evitando effetti di rigurgito nel condotto sotto via della Grotta, dall’altro di laminare le portate in arrivo, evitando così la crisi della rete a valle, in particolare presso la confluenza dello scarico e di via Lovara e più in generale del Fiume Zero.
Accanto alla finalità idraulica, il bacino in progetto risulterà efficace per il miglioramento della qualità delle acque in periodo di magra. In assenza di piogge, infatti, lo scarico è interessato da deflussi reflui che saranno trattati con tecniche di fitobiodepurazione ottenute tramite la conformazione del fondo del bacino e l’impianto di specie vegetali idonee.
Come area è stata scelta quella a ridosso della ferrovia, attigua all’attraversamento ferroviario grosso modo equidistante dalle abitazioni attigue a Via Lovara, ad Est e a Via Loreggia ad Ovest, con una superficie di circa 3 ettari, un volume d’invaso di circa 50.000 metri cubi con un tirante massimo di 2 metri.
Tra le possibili collocazioni e forme, si è scelto quella pseudo-rettangolare, con lato corto circa la metà del lungo, per danneggiare il meno possibile la proprietà ed inoltre in quanto inserita in zona ad appezzamenti regolari.
Un unico manufatto controlla la portata e i livelli in entrata e uscita. Sono state messe a dimora essenze arboree ed erbacee autoctone al fine di incrementare il pregio naturalistico dell’area e favorire la depurazione naturale delle acque. L’area è utilizzata anche a scopo ricreativo e didattico.
L’intervento, del costo di € 1.300.000 con recupero a scomputo del materiale ghiaioso, è stato finanziato interamente dalla Regione Veneto – Direzione Progetto Venezia.
Una cassa simile verrà realizzata nella vicina località di Salvatronda.

I processi di fitodepurazione

La cassa di Salvarosa ha una forma pressoché rettangolare dalle dimensioni di 120 m x 260 m. L’ingresso e l’uscita dell’acqua sono in corrispondenza dell’angolo Nord-Est del bacino. Nella fase di magra, l’acqua viene dirottata in cassa assicurando una differenza di quota fra ingresso e uscita pari a 40 cm. Al fine di conseguire la depurazione dell’acqua, sia in regime di portata normale che di deboli precipitazioni, deve essere garantita un’adeguata permanenza della stessa nel bacino.
La superficie occupata dalla fitodepurazione è quantificata in circa 2,5 ha sufficienti a migliorare sensibilmente la qualità del deflusso in tempo secco. Questo è quantificato in circa 40 l/s, caratterizzato da forte presenza di colibatteri da scarichi domestici.
Tra ingresso ed uscita dell’acqua il tempo medio di permanenza è valutato in circa 3 giorni.

Uno dei principali inquinanti dei corpi idrici di superficie è rappresentato dai materiali solidi in sospensione, sia perché causano torbidità, che ostacola la penetrazione della luce, sia perché veicolano inquinanti adesi (es. fosforo). L’area vegetata presenta una serie di trappole che favoriscono la sedimentazione dei particolati sospesi, a partire dal letto di espansione iniziale. Esso è realizzato proprio con gli scopi di favorire l’espansione dell’acqua, il rallentamento della velocità di flusso e l’interazione con la vegetazione fondale. I canneti di giunco e di carice costituiscono poi altri filtri fisici idonei a bloccare i solidi in sospensione. Deposizione è attesa anche nel laghetto e nelle anse del percorso tortuoso finale, dove il flusso idrico rallenta
Considerazioni simili possono essere estese anche nei confronti dell’abbattimento degli inquinanti che consumano ossigeno, la cui presenza è valutata attraverso l’esame del BOD e del COD. Entrambi gli indici esprimono la quantità di ossigeno necessaria all’ossidazione della sostanza organica presente nell’acqua: il primo fa riferimento ai processi biologici, il secondo considera anche la degradazione chimico-fisica. Il rapporto BOD/COD dà informazioni circa la biodegradabilità dei composti inquinanti. La riduzione del carico di questi inquinanti nel passaggio attraverso il sistema integrato di fitodepurazione è da ascriversi a differenti processi: la filtrazione, che blocca le particelle, la sedimentazione, che favorisce il loro deposito al suolo, e le reazioni microbiche che degradano le sostanze complesse in molecole più semplici.
Le sostanze azotate presenti nelle acque superficiali sono i nitrati, i nitriti, l’ammoniaca e l’azoto organico. La presenza di grandi quantità di azoto nitrico è una delle cause dell’eutrofizzazione delle acque superficiali. All’interno di un’area umida avvengono tutte le reazioni che caratterizzano il ciclo biochimico dell’azoto: mineralizzazione della frazione organica ad azoto ammoniacale, nitrificazione di questa a forma nitrica e successiva denitrificazione ad azoto gassoso che viene disperso in atmosfera. Queste reazioni richiedono ambienti aerobici ed anaerobici per poter essere realizzate. Questi si trovano nella rizosfera (porzione di suolo che circonda le radici delle piante, v. figura), nei sedimenti, e nella colonna d’acqua dove operano principalmente batteri e fitoplancton. Col rallentamento della velocità del flusso idrico in alcuni punti del percorso all’interno della camera (letto di espansione, laghetto, meandri) essa può anche sedimentare sul fondo del bacino. La frazione nitrica invece viene utilizzata dai batteri denitrificanti nelle aree sommerse (es. laghetto) e assorbita dalle piante. Il primo processo è considerato quello di maggiore rilevanza nell’abbattimento dei composti azotati in sistemi di fitodepurazione.
Relativamente agli organismi patogeni, gli ecosistemi acquatici ricostruiti operano una efficace azione di abbattimento mediante sedimentazione dei solidi sospesi cui essi sono associati e per effetto della competizione con i microrganismi presenti. Inoltre, le condizioni ambientali delle zone umide non sono favorevoli alla vita dei microrganismi patogeni e ciò porta anche ad un decadimento naturale. Con notevoli oscillazioni dei valori nel corso della stagione, l’acqua ha mostrato anche una massiccia presenza di coliformi totali. La fitodepurazione è in grado di controllare anche questo tipo di inquinamento, con abbattimenti del 90-99%, dovuti a decadimento naturale dei coliformi in ambiente sfavorevole, predazione, filtrazione/sedimentazione.

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Caratteristiche floristiche

Le varie zone individuate sono state vegetate con una specifica selezione di piante arboree, arbustive, erbacee e palustri, abbinando la funzione strutturale di consolidamento di argini e sponde con quella specifica di fitodepurazione.
Dosso longitudinale: Sul colmo del dosso, a partire dalla zona in prossimità del manufatto di ingresso/uscita, verranno insediati alberi di alto fusto adatti ad ambienti umidi, quali ontano nero ed olmo campestre. Tra di essi, si pianteranno arbusti in modo da realizzare un fitto intreccio vegetale che agisca da primo ostacolo e filtro in condizioni di piena eccezionale. Vicino agli alberi, si utilizzeranno quindi arbusti più alti, quali prugnolo, spincervino, sanguinella; verso i lati esterni, e dunque in primo contatto con l’acqua in eccesso nel caso di elevate portate in ingresso, si impiegheranno arbusti più bassi ed a forte carattere pollonifero (pallon di maggio, biancospino). Questi arbusti verranno collocati in particolare nel tratto iniziale, dove è maggiore la necessità di consolidare la sponda in corrispondenza dell’ingresso dell’acqua.
Prato di espansione: si provvederà a seminare un miscuglio di essenze erbacee da prato umido tipo della marcita. E’ ragionevole prevedere che nella parte costantemente sommersa possano poi insediarsi idrofite radicate sommerse o con foglie emerse, in ragione del regime idrico. L’allargamento del letto in prossimità del laghetto verrà vegetato con giunchi (Juncus spp.) e giunco di palude (Schoenoplectus lacustris L.), in modo da avere un filtro vegetale fitto, ma basso. Questa associazione accompagnerà il primo tratto di sponde del lago. La scelta di questa vegetazione è dettata dalle dimensioni medie, che consentono di vedere l’acqua, e dal fatto che si tratta di specie relativamente poco invasive, con conseguente vantaggio dal punto di vista della manutenzione.
Laghetto con isola. Le sponde esterne del laghetto verranno vegetate con giunchi al collegamento con il letto di espansione, con carici nei pressi del restringimento verso l’uscita, e con piante palustri ornamentali nelle porzioni mediane. A tal guisa, saranno utilizzate Iris pseudacorus (Iris giallo), Calla palustris (calla), Petasites hybridus (farfaraccio maggiore), Lysimachia vulgaris (lisimachia), Scirpus sylvaticus (lisca dei prati), Lythrum salicaria (salcerella), quest’ultima in consociazione con Typha minor (mazzasorda minore). L’isola principale ospiterà un boschetto monospecifico di ontano nero ad alto fusto. La porzione finale del laghetto in corrispondenza dell’estuario verrà vegetata con carici (Carex spp.), al fine di realizzare un ulteriore filtro fitodepurante.
Fossato ad andamento tortuoso. Il letto del fossato verrà inerbito con il miscuglio precedentemente descritto per il prato di espansione. Sulle sponde verranno alternati tratti con siepi ripariali a tratti con vegetazione erbacea, specificatamente palustre o semplice prato polifita, il tutto per creare un ambiente vario e di gradevole impatto visivo. Le siepi ripariali saranno costituite da essenze di dimensioni medio basse, governate a ceduo: salice, sanguinella, prugnolo, fusaggine, spincervino. La collocazione spaziale delle piante, a cura della direzione lavori, verrà effettuata tenendo in considerazione anche aspetti di natura estetica, quali forma della chioma, colore delle foglie, epoca di fioritura, colore dei fiori, tipo e colore dei frutti, colore della corteccia. A titolo di esempio, si pensi all’accostamento cromatico invernale derivante dal colore prugna della corteccia della sanguinella e dal giallo-aranciato del salice. Nelle sponde delle anse del fossato verranno invece piantate le specie palustri già impiegate per le sponde del laghetto.
Arginelli sinuosi. Sugli arginelli verranno collocate piante di salice, governate a ceduo, specie molto adatta a vivere in condizioni di umidità elevata.
Altre zone interne al bacino, ma non interessate dal transito dell’acqua in condizioni di regime normale. Verranno realizzati ambienti naturaliformi che aumentino la complessità biologica e la gradevolezza estetica del sistema. Trattandosi di insediamenti fuori alveo e/o lungo le scarpate arginali, la scelta delle specie impiegabili si allarga. Verranno inoltre realizzate macchie boscate nelle quali la vegetazione arborea è costituita da individui di acero campestre, pioppo bianco, ontano nero, salice bianco, olmo campestre, gelso, bagolaro; nelle zone più elevate verranno utilizzati anche alberi di ciliegio amaro e noce. Lo strato arbustivo annovera la presenza di biancospino, nocciolo, sanguinella, prugnolo, frangola, evonimo, fusaggine, pallon di maggio, salici. L’impianto prevede la messa a dimora secondo una distribuzione che, pur nella casualità, tenga conto dello sviluppo e del diverso ingombro delle specie allo stato adulto; i filari delle piante arboree sono realizzati con andamento sinuoso per accentuare il carattere di naturalità; gli arbusti saranno intercalati lungo la fila, per garantire comunque un’accettabile praticabilità con le macchine operatrici.

Valenze plurime ed esternalità

Il sistema è articolato in differenti scenari riconducibili all’ambiente umido, dal prato, allo stagno. Assume così le valenze tipiche delle zone di transizione tra corpi d’acqua e l’ambiente terrestre: sono ambiti ricchi di flora e di fauna a tutti i livelli, la cui composizione è condizionata da molti fattori, fra cui la gestione del regime idrico. Alla ricchezza floristica, determinata dalla scelta e dalla collocazione delle specie vegetali precedentemente descritta, si accompagna una notevole potenzialità di ospitare varie specie di anfibi, rettili, mammiferi roditori ed insettivori, e uccelli, come riportato nella tabella sottostante.

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